IPNOSI NELLO SPORT
Nel pensiero comune, l’ipnosi viene spesso fraintesa come una sorta di stato mentale simile al sonno indotto e durante il quale viene a perdersi la consapevolezza e la capacità di autocontrollo. L’ipnotizzatore appare quindi una sorta di mago capace di influenzare e “sottomettere” l’ipnotizzato al suo volere. Tale scenario è stato probabilmente indotto da film, show e spettacoli trasmessi in televisione e nei quali l’ipnotizzatore, appunto, assume un ruolo suggestivo e metafisico.
Nella realtà la situazione è ben diversa e contraria alle falsità e trucchi usati per spettacolizzare. Nella storia dell’umanità, si conoscono pratiche ipnotiche attuate fin dall’antichità e formalizzate più tardi, nel ‘700 e ‘800, come interventi terapeutici, tanto che negli ultimi decenni sono numerose le prove di efficacia nella letteratura scientifica internazionale medica\psicologica. Nel concreto, l’ipnosi è da considerarsi come uno stato mentale caratterizzato da una accentuata focalizzazione dell’attenzione, che in realtà avviene anche naturalmente nella nostra quotidianità, ad esempio come quando siamo presi dalla lettura di un romanzo tanto che diveniamo quasi inconsapevoli della realtà esterna.
Tale stato è favorito dal terapeuta ma in realtà assume la forma di una auto-ipnosi che il soggetto stesso usa in seduta e poi da sé per creare miglioramenti nel proprio stato psico-fisico. Ad esempio, può essere utilizzato nel trattamento delle fobie o nei programmi contro il tabagismo per aiutare le persone ad implementare e rinforzare risorse interne nel percorso di cura.
Nell’ambito dello sport, le sedute di ipnosi sono utilizzate, ad esempio, per rendere in grado l’atleta di convogliare strategie cognitive e comportamentale utili per prestazioni ottimali, come la concentrazione, la sopportazione della fatica, ecc… Si tratta quindi di prestare un’attenzione focalizzata, in uno stato di rilassamento, a proprie risorse interne e associandole con prestazioni di successo nel passato, cosicché l’atleta possa poi impiegare tali capacità con più facilità durante la performance.
Nel pensiero comune, l’ipnosi viene spesso fraintesa come una sorta di stato mentale simile al sonno indotto e durante il quale viene a perdersi la consapevolezza e la capacità di autocontrollo. L’ipnotizzatore appare quindi una sorta di mago capace di influenzare e “sottomettere” l’ipnotizzato al suo volere. Tale scenario è stato probabilmente indotto da film, show e spettacoli trasmessi in televisione e nei quali l’ipnotizzatore, appunto, assume un ruolo suggestivo e metafisico.
Nella realtà la situazione è ben diversa e contraria alle falsità e trucchi usati per spettacolizzare. Nella storia dell’umanità, si conoscono pratiche ipnotiche attuate fin dall’antichità e formalizzate più tardi, nel ‘700 e ‘800, come interventi terapeutici, tanto che negli ultimi decenni sono numerose le prove di efficacia nella letteratura scientifica internazionale medica\psicologica. Nel concreto, l’ipnosi è da considerarsi come uno stato mentale caratterizzato da una accentuata focalizzazione dell’attenzione, che in realtà avviene anche naturalmente nella nostra quotidianità, ad esempio come quando siamo presi dalla lettura di un romanzo tanto che diveniamo quasi inconsapevoli della realtà esterna.
Tale stato è favorito dal terapeuta ma in realtà assume la forma di una auto-ipnosi che il soggetto stesso usa in seduta e poi da sé per creare miglioramenti nel proprio stato psico-fisico. Ad esempio, può essere utilizzato nel trattamento delle fobie o nei programmi contro il tabagismo per aiutare le persone ad implementare e rinforzare risorse interne nel percorso di cura.
Nell’ambito dello sport, le sedute di ipnosi sono utilizzate, ad esempio, per rendere in grado l’atleta di convogliare strategie cognitive e comportamentale utili per prestazioni ottimali, come la concentrazione, la sopportazione della fatica, ecc… Si tratta quindi di prestare un’attenzione focalizzata, in uno stato di rilassamento, a proprie risorse interne e associandole con prestazioni di successo nel passato, cosicché l’atleta possa poi impiegare tali capacità con più facilità durante la performance.