SELF-TALK
Il termine Self-talk si riferisce al dialogo interiore che la nostra mente produce in ogni istante della nostra vita. Un flusso di affermazioni, interpretazioni, giudizi, autoistruzioni del quale non siamo sempre del tutto consapevoli e che può avvenire in modo del tutto non intenzionale.
Nella pratica sportiva, così come in ogni situazione della vita quotidiana, questo flusso influenza i nostri stati emotivi ed i nostri comportamenti. Poniamo ad esempio che prima di una partita un calciatore abbia pensieri del tipo: "Loro sono più forti", "I miei compagni non sono allenati a dovere" oppure che durante la partita abbia pensieri del tipo: "I miei compagni non mi passano mai la palla"; "Ho fatto un errore...oggi non sono in forma", ecc..... Se l'atleta non è in grado di gestire tali aspettative e giudizi, appare semplice intuire che lo stato d'animo e la motivazione dell'atleta ne saranno influenzate negativamente e potranno risultare quindi in una performance non eccellente.
La consapevolezza prima e la gestione a seguire del proprio self-talk risulta fondamentale per favorire il massimo delle proprie possibilità tattico atletiche.
Cosa e come fare allora? Comunemente gli atleti sono invitati da allenatori e familiari a "svuotare" la mente ma tale stato è in realtà un ideale che non appartiene alle possibilità del'encefalo umano, in quanto esso finché vi è attività elettrica è continuamente e non intenzionalmente attraversato da un primo tipo di pensiero definito come automatico, in quanto non intenzionale e veloce. Non è fattibile "non pensare". Ancora peggio "non pensare" ad un pensiero particolare porta facilmente all'effetto paradossale di aumentare l'intrusività di tale pensiero. Ad esempio, non pensare alla possibilità di poter sbagliare un calcio di rigore poterà inevitabilmente ad intensificare tale esperienza mentale.
La scienza cognitiva ha dimostrato che l'essere umano è dotato della capacità di fruire di un secondo tipo di pensiero che risulta in questo caso intenzionale, più lento, riflessivo e influenzabile dal nostro controllo. La gestione del Self-talk prevede quindi la consapevolezza del primo tipo di pensiero automatico e della sua gestione tramite il secondo tipo di pensiero riflessivo e capace quindi sia di modificare il contenuto automatico in affermazioni positive\costruttive oppure di lasciar scorrere ed ignorare le asserzioni distruttive.
Tale percorso necessita inizialmente del supporto di uno psicologo, in quanto esperto in competenza e tecniche cognitive, ma giunge a rendere l'atleta capace in autonomia di avere consapevolezza e di modificare o lasciare scorrere i propri pensieri negativi.
Bibliografia
Pensieri lenti e veloci. D. Kahneman
Self-talk in Sport. A.T. Latinjak, A. Hatzigeorgiadis
Il termine Self-talk si riferisce al dialogo interiore che la nostra mente produce in ogni istante della nostra vita. Un flusso di affermazioni, interpretazioni, giudizi, autoistruzioni del quale non siamo sempre del tutto consapevoli e che può avvenire in modo del tutto non intenzionale.
Nella pratica sportiva, così come in ogni situazione della vita quotidiana, questo flusso influenza i nostri stati emotivi ed i nostri comportamenti. Poniamo ad esempio che prima di una partita un calciatore abbia pensieri del tipo: "Loro sono più forti", "I miei compagni non sono allenati a dovere" oppure che durante la partita abbia pensieri del tipo: "I miei compagni non mi passano mai la palla"; "Ho fatto un errore...oggi non sono in forma", ecc..... Se l'atleta non è in grado di gestire tali aspettative e giudizi, appare semplice intuire che lo stato d'animo e la motivazione dell'atleta ne saranno influenzate negativamente e potranno risultare quindi in una performance non eccellente.
La consapevolezza prima e la gestione a seguire del proprio self-talk risulta fondamentale per favorire il massimo delle proprie possibilità tattico atletiche.
Cosa e come fare allora? Comunemente gli atleti sono invitati da allenatori e familiari a "svuotare" la mente ma tale stato è in realtà un ideale che non appartiene alle possibilità del'encefalo umano, in quanto esso finché vi è attività elettrica è continuamente e non intenzionalmente attraversato da un primo tipo di pensiero definito come automatico, in quanto non intenzionale e veloce. Non è fattibile "non pensare". Ancora peggio "non pensare" ad un pensiero particolare porta facilmente all'effetto paradossale di aumentare l'intrusività di tale pensiero. Ad esempio, non pensare alla possibilità di poter sbagliare un calcio di rigore poterà inevitabilmente ad intensificare tale esperienza mentale.
La scienza cognitiva ha dimostrato che l'essere umano è dotato della capacità di fruire di un secondo tipo di pensiero che risulta in questo caso intenzionale, più lento, riflessivo e influenzabile dal nostro controllo. La gestione del Self-talk prevede quindi la consapevolezza del primo tipo di pensiero automatico e della sua gestione tramite il secondo tipo di pensiero riflessivo e capace quindi sia di modificare il contenuto automatico in affermazioni positive\costruttive oppure di lasciar scorrere ed ignorare le asserzioni distruttive.
Tale percorso necessita inizialmente del supporto di uno psicologo, in quanto esperto in competenza e tecniche cognitive, ma giunge a rendere l'atleta capace in autonomia di avere consapevolezza e di modificare o lasciare scorrere i propri pensieri negativi.
Bibliografia
Pensieri lenti e veloci. D. Kahneman
Self-talk in Sport. A.T. Latinjak, A. Hatzigeorgiadis